mercoledì 30 agosto 2017

Osando sognare - Capitolo 1

La mota era viscida e lorda, tenace come un lottatore, nei propri indefessi sforzi di trattenerlo nella propria salda presa. Da quanto tempo, ormai, l'uomo si dibatteva inutilmente, nel futile tentativo di liberarsi?!
Ore, probabilmente.
Ma l'"uomo" non era un uomo qualsiasi. Era un Alhaturkh, un barbaro dei Monti delle Nebbie. Alto sul metro e novanta, agile e robusto, forte e resistente, egli non si sarebbe lasciato piegare da nulla. Nemmeno dalla magia!
Il pensiero di essere tenuto in scacco da un incantesimo moltiplicò probabilmente le energie dell'Alhaturkh. Gli Alhaturkh odiavano la magia, in ogni sua forma, ritenendola indegna di ogni creatura onorevole, nonché spregevole emanazione della somma dea del male, Etheelalhaturkursaàsra, la dea della notte, degli intrighi e delle arti arcane.
L'uomo, poi, aveva ragioni addizionali, per odiare la magia. La sua tribù era stata decimata. Cacciata dal proprio villaggio. Sterminata quasi integralmente. E tutto ciò grazie alla magia.
L'Alhaturkh, il quale, fin dal primo momento della propria cattura, non aveva cessato un istante, se non per riprendersi da episodiche condizioni di sfinimento, di lottare per riconquistare la libertà, vide infine premiati i propri sforzi: proiettando schizzi improvvisi da ogni parte, la fanghiglia frammista a foglie morte che, animata da chissà quale infernale intelligenza arcana, era riuscita, fino a quel momento, a contenerlo, cedette di colpo, lasciando libero il possente braccio del vigoroso selvaggio di emergere dal cumulo di materiale variamente assortito nel quale il barbaro si era ritrovato quasi completamente inumato. Sbattendo alla cieca contro il terreno, il destro dell'Alhaturkh si chiuse su una pietra affiorante ed il barbaro, galvanizzato dal proprio iniziale successo, non esitò a cercare di far presa su tale appiglio per trarsi del tutto fuori dal lurido groviglio che ancora lo avvolgeva da ogni parte: fanghiglia, come si è già detto, ma anche zolle di terra, erba secca, foglie fradice, stecchi caduti... un'inverosimile alleanza, stipulata da tutti i materiali del sottobosco a suo danno, per stringerlo, avvolgerlo, trattenerlo...
Così avvinto ed avvolto, nemmeno gli elfi, l'avevano notato.
L'uomo aveva temuto che fosse giunta la sua ora, quando aveva udito gli elfi avvicinarsi. Gli elfi, difatti, erano in stato di perenne conflitto con le fiere tribù degli Alhaturkh e l'uomo, quando era stato imprigionato dal malvagio incantesimo, stava giusto combattendo per la propria vita, per difendere se stesso ed i restanti membri della tribù da un proditorio raid perpetrato proprio da arcieri elfi! Ma il sortilegio, scatenato da una magica creatura certamente alleata alla fazione elfica, doveva aver avuto troppo effetto: l'uomo difatti, non era stato semplicemente immobilizzato dal sottobosco animato a tradimento, bensì addirittura travolto, schiacciato, quasi integralmente sepolto vivo! Così, i nemici non l'avevano notato. Ed erano passati oltre.
Grugnendo sommessamente per lo sforzo, il barbaro riuscì ad issarsi fuori dal tumulo maledetto.
Era stremato.
Non riusciva nemmeno a vedere troppo bene...
No. Capì quasi subito. Non era per la stanchezza, che gli si era oscurata la vista... era giunta la notte! Era rimasto prigioniero in quel cumulo di sporcizia incantata dalle prime ore dopo l'alba fino a dopo il tramonto!
Oltre ad essere esausto, aveva sete. E aveva fame.
Senza nemmeno concedersi un minuto per recuperare le forze né accettando di curarsi un solo istante degli altri due summenzionati stimoli, l'Alhaturkh raggiunse in fretta un tumulo, del tutto analogo a quello che aveva tanto a lungo tenuto imprigionato lui, nelle immediate vicinanze, e cominciò a strapparvi con ambo le mani manciate di materiale. L'innaturale resistenza che incontrò nel compiere l'altrimenti semplice operazione lo confermò sempre più nel proprio atroce sospetto: quella carogna fatata... quella strega... doveva aver riservato a tutti gli altri Alhaturkh che gli stavano vicino la sua stessa terribile sorte!
Mentre strappava con foga forsennata manciate di vegetazione morta e di terra umida, l'uomo rivede, col ricordo, l'immagine della strega. Come tutte le esemplari di quella malvagia genia, ella aveva avuto l'aspetto di un'esile bambina, a meno delle ampie e variopinte ali da farfalla che le spuntavano dalla schiena. Come tutte, aveva dimostrato di possedere (e di non peritarsi di usare) infernali poteri arcani. Come tutte, li aveva combattuti ed aveva cercato di ucciderli.
Ma non ce l'aveva fatta. L'alhat (parola della lingua Alhaturkh che significava "onore", "coraggio" e che era sentita come quanto di più propriamente caratterizzante la natura dei veri uomini) aveva ancora una volta resistito ai codardi trucchi della magia.
_Ghàrher! Sei tu! Ce l'hai fatta..._
La voce era stata flebile, indubbiamente a causa della spossatezza del soggetto appena liberato, ma era comunque risuonata allegra, squillante, vitale...
Ghàrher sorrise; anche lei, dunque ce l'aveva fatta. Anche la giovane Dèwxhet. La povera ragazzina aveva già fatto fin troppo... Ghàrher avrebbe avuto il cuore spezzato, nel constatare di non essere riuscito a proteggerla.
_Certo, signorina!_ trovò la forza di sorridere Ghàrher _Credevi che una stupida strega svolazzante potesse uccidere un vero Alhaturkh? Forza, alzati in piedi_ e le tese la forte mano _che liberiamo anche gli altri. Ci siamo riposati fin troppo, qui, sotto a questi mucchi di sporcizia: è già di nuovo notte! Dobbiamo raggiungere il torrente, bere un poco, poi ricongiungerci alla tribù. Saranno tutti in pensiero..._
Sì, probabilmente era così, pensava Dèwxhet, mentre si liberava con gioia dagli ultimi residui del cumulo stregato e cominciava subito ad aiutare il proprio salvatore nell'opera di soccorso in cui questi stava proseguendo. Tutti, alla tribù, dovevano essere in pena per Ghàrher! Il giovane e forte (beh, anche piuttosto bello) cacciatore era stato un vero eroe ed esempio per tutti loro: si era prodigato oltre ogni dire, contro avversità inaudite (avversità magiche, addirittura!) per organizzare la resistenza, la ritirata ordinata ed, infine, assicurare la sopravvivenza di tutti... Dèwxhet non riusciva a pensare a nessuno più eroico di Ghàrher; nessuno.
_Merda! Quella troia!_ esclamò una voce, fiaccata dalla lunga lotta contro il magico contenimento, ma nondimeno vibrante di appassionata veemenza _Se la ritrovo..._
_Quando la ritroveremo, Kròeneth,_ assicurò Ghàrher, in tono palesemente scettico, mentre aiutava l'adolescente a liberarsi dagli ultimi vincoli _sono certo che ci mostrerai quanto sai essere Alhaturkh. Facciamo piano, però, ora: è notte; potrebbero esserci abomini nei paraggi..._
Kròeneth, il cui innato talento di parlare a sproposito gli era spesso causa di grattacapi, pericoli, quando non veri e propri guai, riuscì miracolosamente a controllarsi e zittirsi, alla assai poco rosea prospettiva di un incontro con gli abomini. Merda! Si ricordava fin troppo bene, di quegli orribili scarti d'inferno (o, come avrebbe detto un Alhaturkh, scarti di Alhatrukurkhruk): umanoidi alati, cornuti, con coda ed artigli, che usavano i loro poteri magici senza scrupolo né pietà alcuna... formiconi antropomorfi, con pelle dura come una corazza nanica, chele e mandibole formidabili e la bava che bruciava la pelle come fiamma liquida...
_Gli abomini non ci sono più, Ghàrher!_ echeggiò nel silenzio, squillante come i gai rintocchi di una campana, la voce di Dèwxhet _Non ti ricordi? Io e gli altri li abbaiamo combattuti e Hàrikhot..._
Ghàrher interruppe immediatamente la ragazzina, segnalandole di fare silenzio: _Voglio proprio verificare, che cosa ha fatto il tuo amico Hàrikhot. Intanto, però, cerchiamo di parlare sottovoce..._
_Sì!_ commentò Kròeneth, esibendosi in una di quelle grasse risate con cui egli attentava puntualmente alla credibilità e all'autostima di chiunque si prendesse la briga di canzonare _Parlare sottovoce Dèwxhet? Come sperare di far suonare un corno da guerra sottovoce..._
_... Oppure,_ proseguì Ghàrher, fulminando Kròeneth con un'occhiataccia più eloquente di mille parole _se non abbiamo niente da dire, taciamo e basta! Va bene?_
Dèwxhet, dispiaciuta del repentino cambiamento d'umore del proprio eroe, si ripromise di attenersi ad una maggiore cautela. In fondo, cosa poteva sapere veramente lei? Era rientrata al villaggio, la notte scorsa, assieme a dei compagni di giochi coi quali era uscita in escursione. Erano tornati la notte a causa di mille incredibili peripezie. Avevano trovato il villaggio razziato da abomini. Sotto la guida di Hàrikhot, un altro dei ragazzini, si erano comportati da veri Alhaturkh, combattendo il nemico. Addirittura, Hàrikhot aveva ucciso il loro comandante e gli abomini erano fuggiti. Sempre che Hàrikhot avesse detto la verità. Ghàrher non credeva troppo ad Hàrikhot, da quando avevano litigato... da quando Hàrikhot, rifiutando di farsi punire per la propria mancanza di rispetto, gli aveva puntato alla gola la spada...
La spada magica.
Ora, Dèwxhet non sapeva più cosa pensare. Hàrikhot era stato suo amico. Ma poi aveva trovato quella spada. Ed erano arrivati gli abomini. E aveva minacciato Ghàrher. Ed era stato bandito. Forse avevano fatto bene, a bandirlo. Forse non era davvero più lui.
Lavorando alacremente, i tre riuscirono in breve a liberare tutti i compagni che avevano avuto la sventura di finire intrappolati dalla malvagia magia della strega; tutti tranne uno. Restituirono, difatti, la libertà a Hìnerhet e Dòkremhot, gli adolescenti che avevano lottato con coraggio da uomini, al fianco di Ghàrher; la restituirono a Prùkshremhar e alla di lei sorella minore Phlàmhalher, che avevano cercato una relativa sicurezza nelle retrovie; la resero anche alla piagnucolosa Vdàerhar, la quale era svenuta per le privazioni, o la paura, o una qualsiasi voglia combinazione dei due fattori... ma non trovarono traccia alcuna di Arthàgrhet, l'unico adulto, oltre a a Ghàrher, ad essere presente quando la strega aveva lanciato il proprio attacco.
_Quella carogna deve averlo rapito!_ dovette infine ammettere con rabbia a stento tenuta a freno Ghàrher _Chissà quali orribili piani aveva in serbo, quella strega senza cuore, per il povero Arthàgrhet!_
_Mi sembra che avesse detto che voleva sposarlo..._ pronunciò l'ultima parola con sentito ribrezzo Dèwxhet, incapace di contemplare integralmente una siffatta empietà. Essere costretti a trascorrere l'intera propria esistenza accanto a una creatura felice di baloccarsi continuamente con la stregoneria, doveva essere una sorte orribilmente vicina all'esilio nell'Alhatrukurkhruk...
_Sposarlo?_ non volle credere alle proprie orecchie Ghàrher _Mi sembra più probabile che lo volesse per torturarlo, o per sperimentare su di lui qualche terribile rituale..._
In effetti, mai si era udito di una strega che intendesse prendere un Alhaturkh, anziché come preda, curiosità, o balocco del momento, come marito. Le streghe di ogni specie e gli Alhaturkh erano nemici giurati...
_Chissà che cazzo hai capito!_ risuonò l'impietosa, grassa risata di Kròeneth, ai danni di Dèwxhet _Sì! sposarlo! E dopo lui ha invitato tutti alla festa?! Che imbecille..._
Kròeneth sentì improvvisamente una mano tappargli la bocca; poi qualcosa di duro lo colpì ripetutamente alla festa, facendolo mugolare dal dolore.
_Ti avevo avvisato_ fece Ghàrher, mortalmente serio, lasciando libera la bocca all'adolescente e smettendo di percuoterlo sul capo con le proprie nocche.
_Mangiamerda del cazzo!_ borbottò assai poco rispettosamente un Kròeneth ora in lacrime. Egli aveva coniato quell'insulto nei confronti di Ghàrher poco più di una decade addietro, in occasione della propria caccia, quando l'altro aveva cercato di insegnargli, come da tradizione Alhaturkh, quali preziose informazioni potesse rivelare un minimo assaggio delle feci dell'animale che si stava braccando. Fortunatamente, il pianto trasformò la rabbiosa esclamazione in un mugolio inintelligibile, o Kròeneth avrebbe potuto ritrovarsi sottoposto a castighi anche peggiori di quello appena subito.
_Dacci un taglio, Kròeneth!_ fece comunque Hìnerhet, brusco _Può esserci di tutto, qui intorno! Ed è notte!_
Se mai esisteva qualcuno che Kròeneth ascoltava, se non, addirittura, riveriva o idolatrava, questi era Hìnerhet; di conseguenza, il disappunto dell'amico del cuore ebbe, sull'amareggiato (e piagnucolante) ragazzino, l'effetto che nemmeno la punizione corporale aveva saputo conseguire: quello di fargli smettere di agitarsi, di far rumore e di fare il buffone come se si trovasse alla sagra del villaggio.
_Dopo la mia prima e ultima esperienza,_ bisbigliò Dòkremhot, giocando nervosamente con la corda del proprio arco _non ci tenevo affatto, a ripetere una passeggiata notturna..._
L'adolescente si riferiva all'escursione del giorno precedente, la quale si era protratta, per cause di forza maggiore, fino al calar delle tenebre... ed era culminata nella scoperta che la tribù era stata quasi integralmente sterminata.
_Purtroppo, il sortilegio della strega ha scelto per noi_ ammise, ancora pieno di torva rabbia, Ghàrher. _Chissà che la prossima volta non tocchi al mio coltello, invece a scegliere per lei! Intanto, però, non perdiamo la calma: raggiungiamo il ruscello per bere, poi cerchiamo l'accampamento dei nostri e ci facciamo qualche ora di sonno assieme ai nostri fratelli. Magari avranno anche cacciato qualcosa da mettere sotto i denti. E domani ci racconteranno di come hanno preso a calci in culo quei vigliacchi bastardi elfi che ci avevano attaccato_.
Quello, era parlare da Alhaturkh. Prùkshremhar avrebbe abbracciato Ghàrher per il conforto ed il sollievo appena ricevuto, se soltanto non avesse avuto paura di metterlo in imbarazzo. Già era stato terribile, perdere tutti quei compagni, quegli amici e quei parenti, in quella terribile notte del massacro del villaggio... e senza che lei potesse fare niente, in nessun modo... Non era nemmeno stata presente! Ora le funeste parole di Dòkremhot le avevano fatto temere di poter subire altri lutti da un momento all'altro; magari di perdere Phlàmhalher, la povera Phlàmhalher, la quale non aveva ormai più altri che lei... ma, fortunatamente, la tranquilla lucidità di Ghàrher la aveva rincuorata.
Non avrebbe mai potuto sopportare di perdere anche la sorellina. Mai.
Ghàrher, dal canto proprio, stava già per mettersi alla testa del gruppo e guidarli a dissetarsi al fresco dono di Hwllashhùrkh costituito dal torrente poco lontano, quando, cercando con lo sguardo Dèwxhet, vide la fanciulla impegnata a sforzarsi di caricare, in qualche modo, l'amica del cuore sulla propria spalla.
Ghàrher si diede intimamente dell'idiota per essersi dimenticato del fatto che Vdàerhar era ancora svenuta; come aveva potuto essere così avventato? Era stremato, certo ... ma quei ragazzini dipendevano da lui!
Trovando l'ennesima riserva d'emergenza di energie, l'atletico cacciatore raggiunse le due amiche e raccolse Vdàerhar tra le proprie braccia, informandosi da Dèwxhet: _Non sei riuscita ancora a risvegliarla?_
_No..._ ammise Dèwxhet, chiedendosi di quale nume fosse l'incarnazione Ghàrher, per avere ancora le forze di portare un carico simile _Ce la fai a trasportarla? E' un peso morto..._
_E quando mai quella imbecille non lo è?_ si intromise col proprio assai poco lusinghiero commento Kròeneth.
Ghàrher avrebbe volentieri allungato un sonoro ceffone all'impudente ragazzino, ma aveva ormai entrambe le mani impegnate e, se anche avesse deciso di prendersi la briga di adagiare nuovamente Vdàerhar a terra, non avrebbe certo potuto impedire a Kròeneth, molto più sveglio di quanto non fosse simpatico, di dileguarsi non una, bensì dieci volte... Così, fingendo di non aver udito ed esigendo dal proprio corpo di non barcollare, Ghàrher riguadagnò la testa del gruppo e si incamminò.
Al ruscello tutti erano riusciti, con sollievo, a ristorarsi e persino Vdàerhar aveva ripreso conoscenza, dopo che acqua le era stata spruzzata sul volto appositamente. Per un attimo, addirittura, i ragazzini avevano dimenticato il loro innato (e, per giunta, recentemente più che giustificato) timore della notte, perdendosi nella gratificante estinzione della propria sete alla fresca e corroborante generosità del torrente montano. E anche, se ora, mentre si dirigevano, cauti, nella direzione ove avrebbe dovuto trovarsi l'accampamento provvisorio dei superstiti della tribù, erano di nuovo tutti tetramente consapevoli degli oscuri pericoli che potevano minacciarli nel corso delle ore governate da Etheelalhaturkursaàsra, il morale era, per lo meno, ritornato ragionevolmente alto, per un gruppetto sparuto di Alhaturkh immerso nelle tenebre dopo una sventata fuga da un malvagio sortilegio che aveva fatto rivoltare contro di loro le piante ed il suolo della loro stessa amata patria.
_Io vado a dare un'occhiata al nostro "villaggio liberato"_ mormorò Ghàrher, quando ritenne di essere giunto in prossimità del precedente insediamento della tribù. _Voi aspettatemi qui_.
_Vengo anch'io!_ esclamò subito Kròeneth, a voce un po' troppo alta per incontrare l'incondizionata approvazione di Ghàrher o dei compagni.
_Parla piano, cretino!_ lo rimbrottò infatti subito Hìnerhet.
_Kròeneth,_ replicò, nel mentre, Ghàrher _ho detto che vado io. E non voglio discutere le mie decisioni con te; voi, tutti voi, mi aspettate qui. E in silenzio!_
_Io ho perso tutti, laggiù..._ mormorò Dòkremhot, difficile a dirsi se più a se stesso o al determinato cacciatore, tranne che per lo sguardo fisso sul volto dell'interlocutore _Vorrei venire anch'io... Credo di averne il diritto_.
Solitamente, Dòkremhot si guardava bene dal mostrare una propria eventuale fragilità; pertanto, esprimersi in tal modo doveva essergli costato molto... Ghàrher, tuttavia, dopo una valutazione della durata di un istante, spiegò: _Sarebbe troppo pericoloso, Dòkremhot. Se gli abomini ci scoprono, è la fine per noi. Dovrò già stare fin troppo attento io da solo..._
_Ghàrher,_ si fece allora avanti Dèwxhet, in tono grave _anch'io vorrei vedere coi miei occhi la verità. Anch'io_ si fece ancora più decisa l'adolescente _devo vedere se Hàrikhot ci ha traditi o meno. E che cosa ne è ora della nostra casa. Staremo attenti ed in silenzio e tu procederai davanti a noi. Con te non abbiamo paura di niente, Ghàrher_.
Mentre più di uno dei ragazzini si dissociava immantinente, col pensiero, dall'ultima audace affermazione di Dèwxhet, Ghàrher, conquistato dalla fiducia pressoché totale così potentemente espressa dalla fanciulla e non più tanto certo che lasciarli indietro da soli fosse, in fin dei conti, la soluzione più sicura, acconsentì: _Va bene allora; venitemi dietro. Ma badate di restare almeno cinque passi dietro di me e, se mi vedete farvi un cenno, nascondetevi subito e non muovetevi!_
Il gruppo procedette furtivo, cercando di massimizzare la modesta copertura che alberi e cespugli, in tenuta ormai ben più discinta di quella adottata nel corso dell'estate, potevano offrire, sforzandosi di non calpestare stecchi caduti o qualcuna delle onnipresenti foglie secche e, addirittura, costringendo il respiro a mantenersi silenzioso e regolare, a dispetto del forsennato batticuore che la situazione avrebbe invece teso a ingenerare.
Vdàerhar, tuttavia, nonostante i propri migliori sforzi, già tendenzialmente impacciata di giorno, riposata e serena, non poté resistere a lungo, al buio, stremata e traumatizzata, senza inciampare in qualche ostacolo; fu così che Prùkshremhar e Phlàmhalher, accanto a lei, la videro incespicare, mulinare a casaccio le braccia come in un estremo tentativo di recuperare l'equilibrio... e cadere.
Le due sorelle si affrettarono a chinarsi sulla ragazzina, intenzionate ad appurare se si fosse fatta male o meno; Vdàerhar, nel mentre, si sforzò di capire su cosa fosse inciampata e caduta... e si accorse, con orrore, che si trattava di un cadavere! L'adolescente spalancò la bocca per gridare...
... E Phlàmhalher, che se ne era accorta, le fu addosso d'un balzo, tappandole la bocca e bisbigliandole all'orecchio, mentre rotolavano avvinghiate per il sottobosco:_Ma sei cretina?! Taci! Ci arriveranno tutti addosso, se fai così!_
Mentre tutti si giravano comunque, allertati dal pur esiguo trambusto, Phlàmhalher e Vdàerhar smisero di rotolare, cozzando... con un altro cadavere! Vdàerhar si lasciò sfuggire un altro grido, ma la mano di Phlàmhalher, ancora pervicacemente premuta sulla bocca dell'amica, soffocò l'incauta esternazione.
_Finiscila, cretina!_ insistette Phlàmhalher, sempre a mezza voce _Questo non è nemmeno dei nostri! Non vedi che è un lurido nano?!_
Era vero. Vdàerhar se ne rese conto. Non per questo il contatto coi miseri resti le riusciva più gradevole, ma il poveretto, come attestavano, al di là di ogni ragionevole dubbio, il busto corto ma massiccio e gli altri tozzi ma robusti, era stato un nano.
Ghàrher, che si era avvicinato per riprendere le due scriteriate ruzzolanti, notò a propria volta il basso umanoide e, riconosciutane immediatamente la razza, si inquietò. Che cosa ci faceva lì, un nano?
No; non uno. L'occhio esperto e vigile del cacciatore ne individuò un altro, non molto lontano. Poi un altro.
_Merda!_ si levò alta (troppo alta, a parere di tutti) l'esclamazione di Kròeneth _Ce n'è uno anche qui!_
Ghàrher ritenne opportuno perdere un po' di tempo a esaminare la zona con attenzione, avvalendosi anche dell'ausilio di Kròeneth, Hìnerhet e Dòkremhot: avrebbe approfittato tanto dell'occasione, per insegnare ai ragazzini a leggere le tracce... quanto dei loro occhi, come valido ausilio d'indagine, nel caso ai propri sfuggisse, per l'incalzante stanchezza, qualche dettaglio importante. Una cosa fu subito chiara: in quel luogo erano morti diversi Alhaturkh, soprattutto trafitti da dardi elfici, probabilmente nel corso della ritirata organizzata da Ghàrher stesso... ma erano caduti anche un buon numero di elfi (almeno a giudicare dall'equipaggiamento lasciato sul terreno; gli elfi, difatti, da morti, non lasciavano cadaveri, ma si dissolvevano...) e di nani. Ora, considerato che gli elfi uccisi erano stati decisamente di più di quelli che Ghàrher stimava di poter aver abbattuto, nel corso della ritirata, assieme ai propri fratelli, bisognava supporre che li avessero eliminati i nani... L'ipotesi era al limite plausibile, in quanto i nani odiavano parimenti Alhaturkh ed elfi... ma, in tal caso, chi aveva ucciso i nani? Gli abomini, forse? Uno dei nani sembrava essere stato sbranato, con una ferocia che ben poco aveva di umano...
Ma gli abomini non erano stati scacciati? E, a prescindere da questo, non era una coincidenza davvero incredibile, che una banda di elfi ed una di nani avessero attaccato indipendentemente nello stesso giorno e nelle stesso luogo? Ghàrher era davvero perplesso.
_Morte... solo morte... sempre morte..._ bisbigliava, scioccata ed in lacrime, Vdàerhar _Non finirà mai?_
_Su, coraggio!_ cercò di rincuorarla Dèwxhet _Questi nostri guerrieri sono morti combattendo, con alhat... ora sono con Alhaturetheèlurkh, sul Monte Sacro..._ l'ultima affermazione suonò falsa alle stesse orecchie dell'oratrice, la quale, pertanto, aggiunse, con maggiore sentimento e convinzione _E poi, cosa avrebbero potuto fare? Hai visto anche tu, ci avevano attaccato quei codardi degli elfi, coi loro archi... che cos'altro potevano fare i nostri? Hanno dato la vita per difenderci!_
_E quanto agli altri,_ aggiunse con livore Hìnerhet, riferendosi ai resti di elfi e di cadaveri di nani _{io} sono ben contento che ne siano morti un bel po'! E gli auguro, che, per loro, non finisca mai!_
Dòkremhot, più pragmatico, invece di imbarcarsi in discorsi o discussioni, stava finendo di esaminare gli archi e le frecce degli elfi. Egli pure, caso raro tra gli Alhaturkh, amava utilizzare l'arco, come arma; aveva, tuttavia, sempre fatto pratica col corto (e rozzo) arco Alhaturkh, piuttosto che con l'arco lungo in voga presso gli elfi, di gittata e potenza nettamente superiori. Il ragazzino stava valutando se fosse il caso di prendere con sé una di quelle armi e di quelle faretre...
_Questo posto mi mette i brividi_ fece Prùkshremhar, preoccupata che la fazione uscita vittoriosa dal drammatico scontro, qualunque essa fosse, potesse da un momento all'altro ripresentarsi e mietere altre vittime (ovvero, nella fattispecie, tutti loro!).
_Va bene,_ fece il punto della situazione Ghàrher _anche se non c'è molto di chiaro, non abbiamo più nulla da fare qui. Tenete presente che possiamo imbatterci in elfi, in streghe, in nani... e in chi ha spazzato via tutti quanti. Penso di non dovervi ripetere quanto è importante che ci muoviamo_ e qui fissò alternativamente Vdàerhar e Kròeneth _In silenzio! Badate che, se non riuscite a stare zitti da soli, vi imbavaglio! Chiaro? Bene, andiamo a vedere che cosa è rimasto al villaggio_.
Ghàrher era impietrito dall'orrore. Altro che villaggio "liberato"! Certo, non si vedevano abomini in circolazione, al momento... ma le rovine brulicavano di seguaci di Etheelalhaturkursaàsra!
Ghàrher non avrebbe nemmeno ritenuto possibile, fino al momento prima, che potessero essercene in circolazione così tanti. Avevano letteralmente ripopolato il villaggio... ma con elementi che costituivano la più feroce parodia immaginabile di tribù Alhaturkh! Pazzi festanti si aggiravano tra le ceneri, o ridendo sguaiatamente, o rotolandosi fra le macerie delle costruzioni, o brandendo a guisa di macabro trofo resti, spesso ancora sanguinolenti, di cadaveri nanici od umani. Sinistri individui si dedicavano a misteriosi rituali, certo a onore e gloria della meschina dea della notte e dell'inganno, talvolta riuscendo a strappare gemiti da teste ormai da tempo mozzate, o a richiamare brevemente spetri delle nebbie, quelle mute ma inquietanti figure umanoidi ectoplasmatiche sulla origine delle quali nessun Alhaturkh era troppo propenso ad interrogarsi.
Il loro numero eguagliava all'incirca quello degli originari abitanti della comunità... L'infida Etheelalhaturkursaàsra doveva aver fatto affluire nella radura i reietti di tutte le comunità Alhaturkh nel raggio di diverse decine di chilometri.
Una figura dall'aspetto inconfondibile costrinse improvvisamente il cacciatore a rivedere le proprie stime. Si trattava di un selvaggio dallo sguardo ferale, che giaceva contro una grossa trave, la fida ascia bipenne a portata di mano, che non degnava di considerazione i propri visceri sparsi nei paraggi, fuoriusciti dal suo ventre orribilmente squarciato. Era un berserker, Ghàrher ne era sicuro; era uno di quei feroci guerrieri seguaci di Hurekuretheelgùrak, dio malvagio della furia e della predazione, i quali riuscivano a cadere preda di una soprannaturale sete di sangue che garantiva loro una resistenza inverosimile alle ferite e al dolore. Evidentemente, ora che la battaglia era finita, il berserker aveva dovuto gradatamente arrendersi all'orribile ferita sostenuta (forse un violento fendente di ascia nanica).
Un suo camerata gli passò accanto e lo decapitò con noncuranza con la propria bipenne.
Ghàrher ritenne che quella fosse la consuetudine berserker nel trattamento dei feriti gravi, dal momento che nessuno parve scomporsi. Un mostruoso ibrido tra uomo ed orso si fece però avanti, cominciando a sbranare le carni ancora calde del cadavere.
Ciò fu, per Ghàrher, l'ulteriore conferma che le rovine del villaggio non erano state ripopolate da soli accoliti di Etheelalhaturkursaàsra, bensì anche da seguaci di Hurekuretheelgùrak. I due malvagi numi dovevano aver unito i propri sforzi per qualche causa di interesse comune...
Ghàrher trasalì, udendo un fruscio alle proprie spalle, ma si ricordò subito del drappello di adolescenti poco più indietro. Stavano aspettando soltanto un suo cenno per avvicinarsi... Poteva egli lasciare che vedessero tutto questo? Doveva lasciare che vedessero?
Hìnerhet gli comparve al fianco. Si era mosso così in silenzio, che nemmeno il suo orecchio allenato da cacciatore l'aveva udito arrivare. Forse erano meno bambini di quanto Ghàrher li reputasse ancora. E se ritenevano di avere abbastanza alhat per vedere... chi era, lui, per impedire loro di dimostrare il loro alhat?
In risposta al cenno di Ghàrher, il drappello si avvicinò strisciando, sforzandosi di restare nel massimo silenzio. Si assieparono a semicerchio alle spalle e ai fianchi della loro guida e di Hìnerhet... e videro a propria volta.
_Merda!_ esclamò Kròeneth, con voce arrochita dalla sorpresa e dall'orrore.
_Ma questi non c'erano ieri..._ mormorava, nel mentre, Dèwxhet, incredula _Da dove sono sbucati? Noi avevamo... Hàrikhot aveva..._
_E' orribile_ convenne Vdàerhar.
_Non sembra decisamente liberato, il nostro villaggio_ commentò amaramente Dòkremhot, con disincantato cinismo. _Forse Hàrikhot considerava quelli, come la propria gente..._
_No!_ non voleva credere di essersi lasciata ingannare a tal segno Dèwxhet _Hàrikhot ha combattuto con noi! Quelli non c'erano ieri..._
_Beh,_ tagliò corto Kròeneth _adesso però sì! Chi li ha chiamati, secondo te? Qualcuno dei nostri, forse?_
_Andiamo via_ sibilò Ghàrher, contenendo a stento la propria ira. _Per ora, dobbiamo andarcene. Ma non è finita qui. Questa terra è nostra e né uomini, né abomini, né dei, ce la strapperanno!_
_Sì,_ era d'accordo Hìnerhet _li faremo fuori uno ad uno, questi bastardi_.
In un silenzio analogo a quello col favore del quale si erano avvicinati alla radura in cui sorgeva il villaggio (ovvero con una furtività che, per quanto non assoluta, era egregiamente bastata al modesto obiettivo di non farsi notare dai giubilanti invasori) lo sparuto drappello si allontanò progressivamente, guidato da Ghàrher in una direzione che, come chiunque si prese la briga di interrogarsi in merito non faticò ad intuire, li avrebbe portati di nuovo verso il torrente.
_Ghàrher..._ fece, a un certo punto, esitante, Dèwxhet _Non ci ricongiungiamo con gli altri?_
_Siamo noi, "gli altri", imbecille!_ rispose seccamente Kròeneth _Quali "altri" vuoi che ci stiano? Non hai visto con che cosa giocavano, quei bastardi al villaggio?_
L'adolescente si riferiva, ovviamente, ai macabri trofei, costituiti da variegate collezioni di parti anatomiche Alhaturkh (e naniche, ma ciò poco importava) che gli invasori esibivano. Per Kròeneth era assolutamente chiaro che, della tribù originaria, non poteva più essersi salvato nessuno! L'eroico mangiamerda non si era poi dimostrato questo gran campione, a guidarli e a difenderli!
_Sei molto pronto a rispondere_ intervenne subito Ghàrher a redarguire il ragazzino _e a insultare; non altrettanto però a combattere, mi sembra!_ (il cacciatore si riferiva alla posizione assai defilata tenuta da Kròeneth durante l'attacco elfico) _Ora, vedi di tenere chiusa quella latrina di bocca, o alla nostra prossima azione di guerra (e ce ne sarà una molto presto, vedrai) ti tengo in prima linea, di fianco a me, dovessi legarti ed imbavagliarti per fartici stare! Sono stato chiaro?_
La cupa prospettiva di ritrovarsi quanto prima faccia a faccia con uno di quei tizi capaci di fregarsene delle loro budella sparpagliate in giro o con un mezzo uomo mezzo animale che lo sbranasse senza pensarci su due volte compì il prodigio di zittire l'impertinente ragazzino: Kròeneth, anziché replicare, come da precedente propria ferma risoluzione, "ero già di fianco a te, quando la strega ci ha arrotolati tutti con le foglie e con la terra", tacque e, riproponendosi di recriminare in un momento futuro, nel quale Ghàrher non fosse abbastanza vicino da poter udire, continuò a marciare in guardingo silenzio, mantenendosi al fianco di Hìnerhet. Hìnerhet sì, che avrebbe dovuto essere il loro capo. Lui li aveva fatti uscire vivi da quella spedizione infernale, da quella escursione in cui avevano incontrato il lupo mannaro, lo scheletro ambulante, il formicone bipede e tutti quegli abomini... Ghàrher, invece, a parte rifilare ceffoni a destra e a manca (e, soprattutto, a lui) non era riuscito a combinare niente di buono...
_Se sei davvero convinto che noi siamo gli ultimi rimasti,_ risollevò l'argomento Dòkremhot, rivolgendosi all'autoproclamato duce _dov'è che ci stai portando?_
_A riposare qualche ora_ replicò prontamente il cacciatore, senza lasciare trasparire nemmeno un poco della colossale prostrazione che pervicacemente lottava per sopraffarlo. _Domattina all'alba ci riorganizzeremo. Siamo ancora una tribù. Ci sarà ancora chi caccerà, chi intraprenderà le azioni di guerra contro il nemico, chi cucinerà e... noi non spariremo, insomma. Non ce ne andremo, sconfitti, scacciati dalla nostra terra come pavidi conigli, a mendicare ospitalità dalle altre tribù. Il nostro nuovo campo base temporaneo sarà al di sopra della Cavalcata dei Cristalli_. (tale era il nome conferito dai membri della tribù ad una vicina, spettacolare cascata) _Da lassù, nessuno dovrebbe riuscire a sorprenderci, provenendo dal villaggio; inoltre, avremo acqua in abbondanza_.
_E potremo anche pisciare nel torrente quando gli altri stronzi del villaggio verranno a prelevar acqua!_ gongolò Kròeneth, pregustando la gratificazione di poter combinare uno dei propri tiri mancini ritrovandosi elogiato, per una volta tanto, invece che ricercato e perseguitato.
Che stupido, pensò Hìnerhet. Anzitutto, qualsiasi minzione, per quanto abbondante, si sarebbe immediatamente diluita nella vasta quantità d'acqua della cascata; ma ciò che più deprimeva Hìnerhet, era che l'altro, per il gusto di giocare uno dei propri scherzi idioti, sarebbe stato disposto a fornire al nemico inequivocabili indizi della loro presenza e, peggio, sulla loro localizzazione.
_Non puoi dire sul serio_ si preoccupava, invece, Dòkremhot dei propositi espressi da Ghàrher. _Noi soli... non riusciremo mai a fare nulla di quello che hai detto! Non saremo nemmeno in grado di sopravvivere!_
Ghàrher, squadrando l'adolescente con uno sguardo glaciale, dichiarò: _Io dico sul serio, Dòkremhot. Se tu non te la senti, se vuoi lasciarla passare liscia agli assassini che hanno fatto tutto questo, se vuoi vagare di tribù in tribù come uno sbandato, per essere guardato da tutti con disprezzo o con sospetto, vai. Vai adesso. Io non ti fermerò, perché non so cosa farmene, di chi non ha alhat. Fino ad oggi, ogni volta che ho sentito qualcuno insinuare che anche una sola goccia di sangue nanico scorresse nelle tue vene,_ (si trattava di uno sfottò abbastanza in voga ai danni di Dòkremhot, causa la scarsa altezza di quest'ultimo) _io mi sono sempre indignato. Spero di non aver avuto torto_.
_Scusami Ghàrher,_ si ricompose Dòkremhot _hai ragione. Quelle carogne non possono cavarsela così. Devono pagare, per tutto quello che hanno fatto_.
"Ma dopo che avranno pagato," non disse Dòkremhot "io mi unirò ad una vera tribù. In quattro gatti che siamo, durante l'inverno, posto che mai arriviamo a vederlo, moriremo di stenti uno dopo l'altro. Me li immagino, Phlàmhalher a conciare le pelli, Prùkshremhar a farne abiti, Kròeneth a costruire abitazioni... Come no?"
_E Arthàgrhet?_ si preoccupò allora Dèwxhet _ Non possiamo abbandonarlo al suo destino..._
_Se soltanto avessi trovato il minimo indizio sulla sua destinazione,_ dichiarò amaramente Ghàrher _domani, alle prime luci, sarei già sulle sue tracce... Alhaturetheèlurkh sa quanto Arthàgrhet possa avere bisogno di aiuto, in questo momento... Era già così scosso da prima, dalla notte del massacro..._
"Scosso?!" pensò Kròeneth "Puoi dire pazzo furioso...". Il mesto Alhaturkh di cui si stava parlando, difatti, già per natura piuttosto chiuso e di umore cupo, dalla notte del terribile attacco si era ritirato ancora più in se stesso, vaneggiando talvolta frasi senza senso e, nel corso del successivo raid elfico, aveva trascorso il tempo piagnucolando nelle retrovie, anziché combattendo attivamente al fianco dei compagni.
_Purtroppo, però,_ proseguì Ghàrher, ignaro dei pensieri di Kròeneth _la strega che lo ha rapito deve essersene andata con qualche mezzo innaturale, immondo e magico tanto quanto lei! Solo Alhaturetheèlurkh sa quale terribile sorte attende Arthàgrhet adesso..._

Nessun commento:

Posta un commento